Cari amici, è giunto per me il momento di annunciarvi un nuovo progetto, una nuova collaborazione tra le migliori foodblogger d'Italia, una rubrica che ha per protagonista LA STAGIONALITÀ.
E per stagionalità s'intende tutto ciò che la natura ci regala ogni mese, quindi i prodotti giusti da usare in cucina e non.
Se siete con me, nel dire che alla fine è assurdo cucinare piatti con prodotti fuori stagione, perchè diventa dispensioso e perché spesso, sono prodotti OGM che alla lunga non fanno bene, allora non perdetevi questo appuntamento.
Seguiamo il ritmo della natura ed impariamo ad usare i prodotti di stagione e per capire quali sono e come cucinarli al meglio, da Maggio, arriveranno tantissimi post con le ricette più succulente e le idee più ganze per usare al meglio la stagionalità delle materie prime.
Intanto vi lascio il memorandum sui prodotti che ci regala il mese di Maggio e vi aspetto il 2 maggio con la ricetta!.
In occasione del Tema del Mese targato MTC, ho pubblicato sul loro sito la ricetta dei CANTUCCI DI PRATO, uno dei biscotti simbolo della mia bellissima Toscana.
Questi biscotti, secchi, ruvidi e grossi, sono da considerarsi PATRIMONIO GASTRONOMICO DELL'UMANITA', proprio perchè raccontano ad ogni morso le abitudini, i gusti ed i costumi dell'Italia intera. I cantucci di Prato, nascono nel XVI secolo, il nome deriva da "cantellus" che vuol dire fetta/pezzo di pane. In principio infatti i "cantucci" non contenevano zuccheri ed erano molto diversi dai cantucci che conosciamo oggi. Curiosamente i primi cenni storici dei "cantucci" li vogliono come specialità tipica della città di Pisa, anche se peró dobbiamo ammettere che si trattava di cantucci molto diversi da quelli pratesi. È a partire dalla seconda metà del '500, con l'arrivo della canna da zucchero che i cantucci di Prato diventano dolci ed aggiungono le mandorle all'impasto, diventando uno dei biscotti simbolo della Toscana. L'inventore dei cantucci, come oggi li conosciamo, è il pratese Antonio Mattei che perfezionó la ricetta e li fece conoscere in tutto il mondo partecipando all'esposizione universale di Parigi del 1867. Nonostante le tante variazioni sul tema, dai cantucci al cioccolato a quelli con la scorza d'arancia, i cantucci tradizionali sono solo quelli dell'azienda Mattei, che ancora oggi, custodisce gelosamente l'unica e vera ricetta di queste piccole bontà. Il Cantuccio è un'istituzione e va mangiato come rito comanda, infatti il Cantuccio viene servito a fine pasto ed inzuppato in un bicchierino del miglior vino liquoroso detto Vin Santo. Un piccolo biscotto che racchiude in sè tanta storia della mia Toscana. Se vi trovate a passare da Prato non fateveli scappare!. Ecco a voi la ricetta per 20 cantucci:
300gr di farina tipo "00"
300gr di zucchero
100gr di burro
2 uova
un pizzico di lievito
200gr di mandorle intere
Impastare la farina con il burro ammorbidito, lo zucchero, le uova, il lievito ed infine le mandorle.
Amalgamate bene il tutto.
Dividere l'impasto in 3 filoncini stretti e lunghi, arrotolateli aiutandovi con un pò di farina.
Poneteli ben distanziati nella teglia rivestita di carta forno e fate cuocere a 180° per 15 minuti.
Sfornate, lasciate intiepidire e tagliate in tralice.
Servite accompagnati da vin santo o vino liquoroso dolce.
La sfida n56 dell'MTC questo mese parla il BISCOTTESE, una delle lingue più amate della pasticceria.
A fare da giudici DANI & JURIdel blog Acqua&Menta, che ci hanno spiegato per filo e per segno, tutti i segreti per fare dei SUPER BISCOTTI.
COSE CHE E' BENE SAPERE...
IO SONO CRESCIUTA A LATTE E BISCOTTI
PRATICAMENTE SONO SOCIA DI MAGGIORANZA DEL MULINO BIANCO
SONO MAESTRA JEDI NELL'ARTE DELL'INZUPPO NEL LATTE
Detto questo, sappiate che potete iscrivervi alla mia VIRTUAL CLASSROOM SUL "PUCCIALO TU CHE LO PUCCIO ANCH'IO" come apprendisti jedi , riempiendo il form che trovate nel blog.
Per la ricetta ho ripescato dei biscotti di Luca Montersino, ci ho aggiunto un pizzico di Fleur de Sel della Camargue per conferirgli una nota di carattere e tanto amore, cosi tanto amore da rimanere impresso sulla pasta frolla!.
Ecco i miei BISCOTTI AL CARAMELLO MUSCOVADO E FLEUR DE SEL.
Per lo stampo d'amore, va ringraziato il mio amico foodblogger Corrado che me lo ha regalato....LUI SI CHE E' UN GRANDE!.
Per la foto, invece, non ho avuto dubbi, l'immagine del biscotto che si tuffa con doppio salto carpiato in avanti nel latte è stata folgorante e cosi ecco la mia foto artistica del momento.
Per quanto riguarda il caramello muscovado, non spaventatevi, è molto più facile di quanto si pensi, si fa con un tipo di zucchero di canna particolare, il muscovado appunto, che a differenza dello zucchero di canna normale, non è raffinato, è più scuro e viene estratto dal succo della canna, infatti è utilizzato solitamente per la preparazione del rum.
Il mio dunque, è un biscotto semplice, è un biscottone, cicciuto, bello pieno, rotondo al punto giusto, che si ammolla nel latte piano piano, una bontà che vi farà innamorare.
Siete pronti? 1...2...3...BISCOTTIAMO!!!
INGREDIENTI X 20 BISCOTTI
150gr ZUCCHERO DI CANNA MUSCOVADO
30gr DI PANNA LIQUIDA
200gr BURRO
400 gr FARINA DEBOLE "00"
1 UOVO
FLEUR DE SAL q.b.
Iniziate caramellando lo zucchero muscovado a freddo, mettetelo in un pentolino e mescolate bene fino al completo scioglimento, aggiungendo un cucchiaio di zucchero per volta, mantenendo il fuoco basso.
Fate decuocere il caramello con la panna leggermente intiepidita, mescolando sempre, aggiungete il burro a temperatura ambiente a pezzetti ed amalgamate bene tutti gli ingredienti.
Lasciate raffreddare il caramello così ottenuto.
Nella planetaria, versate la farina ed aggiungete il caramello, mescolate bene.
Adesso avvolgete la pasta frolla nella pellicola e lasciatela riposare nel frigo per almeno 6 ore.
Togliete la pasta frolla dal frigo e con l'aiuto del mattarello stendetela, ricavate con un coppa pasta dei biscotti, metteteli sulla teglia rivestita di carta forno, cospargeteli di fleur de sal ed infornate per 15 minuti ad una temperatura di 180°.
Sfornate, lasciate raffreddare ed ecco pronti i biscotti....adesso ci vuole una bella tazza di latte!.
Jep Gambardella è uno scrittore sessantenne, autore di un solo romanzo, che ha speso l'intera vita a fare il RE dei salotti romani.
Una vita, vuota, frivola, quasi inconsistente, dove finzione ed opportunismo sono i nuovi valori per raggiungere la tanto millantata felicità.
Poi ad un tratto, quando per un momento, ti distacchi da te stesso e riesci ad osservare la tua vita, un'incontro inaspettato ti risveglia dal torpore in cui vivi e tutto prende una piega inaspettata.
Tutto il resto è storia.
Quando si parla di Sorrentino, io non posso che essere di parte, il suo cinema, totalmente personale, avidamente generoso, ipnotico e verbale, è per me una goduria pazzesca, è come racconta ció che ha da dire, che mi rapisce, io mi beo della sua visione.
Si, perchè lui ha una visione, un sogno, che trasforma in un film come la GRANDE BELLEZZA, che ha diviso ed ancora divide i ben pensanti dai viveur, i filosofi dai razionali.
Alcuni lo paragonano alla DOLCE VITA di Fellini e per certi versi è vero, ma è comunque tutta un'altra storia, un film in cui vergogna e decadenza sono brutalmente attuali e non ammetteono inversioni di rotta.
La macchina da presa volteggia come in un valzer, la luce della fotografia in momenti è ridondante in altri invece, timida e fugace, i colori vividi si stampano sui marmi bianchi delle statue romane, Roma capitale del mondo antico, si offre come una gatta voluttuosa e questa cornice è cosi superba, da giustificare la dissolutezza.
Ma qual'è alla fine la grande bellezza? e sopratutto in questo gran marasma c'è davvero una grande bellezza? Cari signori c'è e come, è uno sguardo, è una parola detta, è un momento di purezza, un momento in cui ti sei realmente sentito felice, un ricordo, un respiro, un sogno, una speranza.
Questo film va guardato scavando, non limitatevi a guardarlo e basta, lasciatevi guidare dal cuore e vedrete che non guarderete i film più come prima.
La Grande bellezza non è un film per tutti, mi dispiace dirlo, ma è vero.
La Grande bellezza è un film da OSCAR punto.
E con questo passiamo alla cucina ampiamente sviscerata in tutto il film ma che mi ha generato indecisione fin da ultimo, e quindi cosa presentarvi? Ma un piatto che è un capo saldo della tradizione romana, un piatto che unisce romanisti a laziali, un piatto che ha radici, profonde quanto le fondamenta di San Pietro.
Oggi ci mangiamo i RIGATONI ALLA GRICIA, praticamente un'estasi!.
Ma prima ci aspetta BEATRICE con la sua zuppa DAHL DI LENTICCHIE ROSSE ed il suo libro L'ISOLA DI FARFALLE.
Adesso però andiamo a cucinare.
ingredienti x 2 persone
150gr di guanciale
200gr di rigatoni
Olio q.b.
pepe q.b.
pecorino romano grattato q.b.
Lessate i rigatoni in acqua salata.
Tagliate il guancizle a pezzetti e rosolatelo in padella con un filo d'olio.
Scolate la pastae saltatela in padella con il guanciale, macinate abbondante pepe ed impiattate con tanto pecorino grattato fresco.
Io ho impiattato con un coppa pasta, cercando di sistemare i rigatoni in verticale, giusto per far vedere le scanalature della pasta che ricordano da lontano preziose colonne romane.